Matteo Piloni/ Luglio 8, 2020/ Comunicati stampa/ 0 comments

Il modello di sanità lombardo voluto da Maroni e promosso da Fontana è stato messo alla prova dalla violenza della pandemia di Covid19 e non ha retto: la gestione degli ospedali confusa, il fallimento della medicina territoriale, ma soprattutto le drammatiche scelte sulle RSA che sono state abbandonate fin dall’esplosione dell’emergenza sanitaria e che tuttora vivono una situazione insostenibile.
Parliamo di luoghi dove sono ricoverate persone anziane, fragili, spesso immunodepresse, dove, anche in una situazione ordinaria, si fatica a contenere le infezioni comuni. Gli ospiti delle RSA sono le vittime perfette del virus: età media sopra gli 80, diffusa comorbilità, stretta convivenza. E proprio qui sono mancati fin da subito i dispositivi di protezione e di conseguenza è venuto a mancare anche il personale che è stato decimato dalla malattia. Il danno più grave, però,  è stato causato dalla delibera dell’8 marzo con cui la Regione individuava anche le case di riposo come strutture idonee a ospitare i pazienti Covid-19 dimessi dagli ospedali. Una iniziativa contro cui, come gruppo PD ci siamo scagliati fin da subito, ma purtroppo inutilmente. Un grido d’allarme rimasto inascoltato, anche quando abbiamo ribadito la necessità di effettuare i tamponi al personale e ai pazienti e le RSA sono diventate incubatori d’infezione.
È completamente mancata, da parte della Giunta regionale, la capacità di affrontare il contagio sul territorio. Nella rincorsa mediatica alla rivendicazione dell’eccellenza del sistema sanitario lombardo, non si è dato ascolto non solo all’opposizione, ma nemmeno agli esperti. In queste strutture c’è stata una strage che è stata sottovalutata molto, troppo a lungo.
E quando, nel pieno della fase 2, è stato il momento di definire le linee guida per il sostegno finanziario a queste strutture e per le modalità della loro riapertura, è stata sì invertita la rotta, ma sono rimaste un sacco di questioni in sospeso e soprattutto sulle spalle delle strutture stesse: dalla gestione delle visite dei familiari a quella degli ospiti affetti dal virus alle modalità di inserimento dei nuovi ospiti che prima di essere accolti devono seguire un particolare percorso per la verifica dello stato di salute. I rappresentanti del settore, su richiesta del gruppo del PD, sono stati auditi in commissione Sanità, dove hanno denunciato diverse difficoltà di applicazione della delibera in questione che definisce nuove regole per le strutture sociosanitarie della Lombardia stabilendo gli stessi obblighi strutturali e gestionali per servizi con ospiti ben diversi tra loro, perché si parla di anziani, di persone anche molto giovani con disabilità psichiche o fisiche, o di persone con fragilità o con problemi di tossicodipendenza.
Una delibera inadeguata, come hanno denunciato chiaramente i rappresentanti dei gestori, anche perché tratta allo stesso modo strutture molto diverse tra loro: una cosa è una RSA con oltre 100 ospiti, un’altra cosa una comunità con 8 o 10 ospiti. Inoltre, tutte le nuove regole comportano un aggravio dei costi di gestione e non tengono affatto conto che le strutture hanno avuto ingenti extra costi durante la fase acuta dell’epidemia, non potendo contare sulle rette in entrata per la mancanza di ospiti.
Ancora una volta la Regione mostra una incapacità di dialogo con il mondo sociosanitario, che avrebbe portato a una delibera migliore, come è avvenuto ad esempio in Veneto e questo senza contare che, ancora una volta   la Commissione sanità non è stata nemmeno sentita sul tema.
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