In questi mesi difficili e drammatici il tema della medicina territoriale è l’elemento più importante che ha mostrato tutta la sua difficoltà.
La sanità in Lombardia è totalmente incentrata sugli ospedali, e nel tempo ha visto fortemente indebolirsi la medicina di territorio.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ospedali in difficoltà e cittadini lasciati solo nelle case, nelle rsa e nei centri per disabili. Una situazione che sta perdurando anche a causa delle difficoltà di effettuare i test sierologici e di riprendere l’attività sanitaria ordinaria, partendo dalle visite che sono state sospese in questi mesi e per le quali molte persone sono ancora in attesa.
Una situazione di insicurezza che ha colpito anche la nostra economia, con le ricadute sociali che stiamo cominciando a vedere e che coinvolgono fortemente anche il nostro territorio.
A fronte di tutto ciò la priorità è quella di rivedere il sistema della sanità lombarda, mettendo mano ad una legge, la 23 del 2015, che non ha funzionato, con l’obiettivo di rafforzare la medicina di territorio e integrare il sistema sociale con quello sanitario; investire sui medici di base e sulla realizzazione di presidi socio sanitari territoriali, aperti più ore del giorno per evitare di intasare i pronto soccorso, puntando su una vera presa incarico del paziente, mettendo in rete tra loro i medici di base, gli assistenti sociali dei comuni, le cooperative, le realtà delle Rsa, dei disabili, dei tossicodipendenti e dei minori, gli educatori professionali e con un forte coinvolgimento del terzo settore e dei Comuni. Senza dimenticare la necessità di una collaborazione migliore ed efficace con il privato, a partire dalla condivisione delle agende per abbattere davvero le lunghe liste d’attesa, e che dopo il Covid saranno ancora più lunghe.
Mi fa piacere che sia Lega che Fdi condividano questi aspetti, per lo meno a livello locale, perchè quanto realizzato e sostenuto, anche in questi mesi, dai loro riferimenti regionali è l’esatto contrario.
Forza Italia, al contrario, rimane coerente e continua a ragionare unicamente sui “mega” ospedali, dimenticando che, negli anni, quello di Cremona e non solo è stato oggetto di declassamento dalle loro politiche regionali (non ultime le decisioni, poco convincenti, che hanno portato il declassamento della terapia intensiva neonatale dell’Ospedale di Cremona).
Dopo questi 4 mesi in cui la nostra provincia ha subìto un duro colpo in relazione all’emergenza sanitaria, abbiamo il dovere di contribuire al rilancio della sanità cremonese e lombarda.
Uno degli obiettivi è quello di rafforzare le infrastrutture sanitarie, sia dal punto di vista delle strutture (e quindi degli spazi) sia da quello informatico e tecnologico.
Ed è in questo contesto che si colloca la possibilità di un nuovo ospedale a Cremona.
Sono innegabili le criticità infrastrutturali dell’attuale struttura ed è un bene approfondire e scegliere la soluzione migliore per avere un ospedale moderno, sicuro e funzionale. Approfondimento che devono fare i sindaci, e quindi il territorio, insieme alla direzione generale dell’Asst di Cremona e alla Regione.
Un approfondimento che non ha nulla a che vedere con il progetto di un mega ospedale lanciato dall’europarlamentare Salini.
Dal mio punto di vista il rafforzamento della struttura passa anche dalla necessità di far diventare l’ospedale di Cremona sede di Dea di II°livello, diventando quindi riferimento del sud Lombardia, tra Lodi e Mantova. Un ulteriore valorizzazione della struttura che, insieme ad altre, sarà oggetto nei prossimi mesi di potenziamento per quanto riguarda i posti letto della terapia intensiva.
Allora si che l’Ospedale recupererebbe terreno e credo che questo sia un obiettivo sul quale convergere e da ribadire con forza alla Regione.
Un altro punto di rafforzamento riguarda gli investimenti sull’ospedale Oglio Po di Casalmaggiore, che in questi mesi è stato determinante nell’affrontare l’emergenza e sul quale sono state portate avanti delle proposte che devono concretizzarsi quanto prima anche per quanto riguarda l’ambito di riferimento casalasco-viadanese.
Due punti qualificanti che possono davvero contribuire al rilancio dell’Ospedale di Cremona all’interno del sistema regionale.
Infine un passaggio sull’ospedale di Crema. La scorsa settimana veniva riportato un articolo nel quale era scritto che io sarei “a capo di una fronda cremasca” contro il progetto di un nuovo ospedale a Cremona.
A parte che chi mi conosce sa bene che le fronde non mi appartengono, ma detto questo il punto è un altro.
In una discussione sul futuro della sanità territoriale non ci deve essere alcun contrasto tra Cremona e Crema per il semplice fatto che nella nostra provincia, e aggiungo fortunatamente, esistono due Asst.
Bene fanno l’Asst di Cremona e il suo territorio a discutere della possibilità di intervenire sull’Ospedale e, aggiungo, sulla sanità territoriale cremonese e casalasca.
Allo stesso modo deve fare il cremasco, attraverso la sua Asst e nel rapporto con la Regione. Certamente in un’ottica d’insieme equilibrata e costruttiva, anche in termini di risorse.
La nostra provincia deve essere messa in condizione di vedere rafforzati tutti i suoi presidi creando una vera e propria rete di medicina di territorio, attraverso i piani strategici condivisi con le Asst e la Regione. È su questo che dobbiamo lavorare, ed è su questo che prosegue il mio impegno come consigliere regionale del territorio.
Matteo Piloni – Consigliere regionale PD