Matteo Piloni/ Dicembre 16, 2024/ La settimana in Consiglio/ 0 comments

Regione Lombardia è immobile.
Serve una svolta a cominciare dal lavoro.
La Lombardia non corre più, la sua economia non è più il traino di tutta Italia. La crescita nel primo
semestre 2024 è dello 0,4%, in linea con il Paese. A certificarlo è Banca d’Italia, nell’ultimo
aggiornamento congiunturale del report sull’economia lombarda, uscito a novembre. Pesa il calo
della produzione industriale (-1.2%), la debolezza della domanda interna ed esterna e
l’arretramento dell’export (-0.3%). Una crescita contenuta comporta il prospettarsi di una crisi del
lavoro che accentua una situazione già difficile, essendo le retribuzioni negli ultimi anni arretrate
rispetto all’inflazione. Il costo della vita, infatti, è cresciuto in modo consistente negli ultimi cinque
anni, spinto dai costi energetici. Retribuzioni non adeguate e costo della vita elevato generano il
fenomeno che passa sotto il nome di “lavoro povero”, che riguarda ormai una fascia significativa
dei lavoratori e delle lavoratrici lombarde. Ciò è aggravato in modo consistente anche dalle scelte
sciagurate del governo Meloni e della destra che sta impedendo in tutti i modi lo sviluppo di una
adeguata politica salariale.
Non solo. Il lavoro è anche insicuro: le vittime, tra gennaio e ottobre 2024, sono state 155, sedici in
più rispetto allo stesso periodo del 2023.
Alla perdita di potere d’acquisto si accompagna la difficoltà ad ottenere o a mantenere
un’abitazione, tanto per le fasce più deboli che per quelle al di fuori delle misure di tutela: giovani,
single e famiglie numerose in particolare. Il costo degli affitti e dei mutui è cresciuto
notevolmente, soprattutto nelle grandi città, mettendo in difficoltà una quota consistente di
lombardi.
E, inoltre, cresce il ricatto sul terreno della salute. Del resto, i cittadini lombardi se lo sentono
ripetere spesso: vuoi farti curare? Paga! Oggi si può purtroppo affermare che il diritto alla salute
non è più garantito, i cittadini trovano risposte in tempi adeguati quasi solamente con visite, esami
diagnostici e terapie a pagamento. Per non parlare della “gestione” di un famigliare non
autosufficiente.
La salute e la qualità delle cure offerte dal servizio sanitario nazionale sono oggi la prima
preoccupazione degli italiani, il tema su cui agire con maggior urgenza. Un dato cresciuto
notevolmente negli ultimi due anni, seguito dalle preoccupazioni per il costo della vita, la
situazione dell’economia e il rischio disoccupazione.

Anche la carriera scolastica dei figli, per la parte universitaria, diventa fonte di importante
preoccupazione economica, soprattutto quando la facoltà scelta non è a breve distanza
dall’abitazione. I costi diretti e indiretti possono risultare molto pesanti, talvolta non sostenibili.
Tra le grandi preoccupazioni dei cittadini c’è poi la crisi climatica, in due accezioni: la
preoccupazione di eventi estremi o di fenomeni progressivi che cambino in modo definitivo il
proprio modello di vita attuale e ne compromettano le prospettive, e il timore di dover pagare un
costo elevato, in termini economici e sociali, per la necessaria transizione ecologica.
Le politiche della destra, tanto al Governo nazionale quanto al vertice della Regione Lombardia,
non colgono queste preoccupazioni e tantomeno danno loro risposta. Anzi, a volte si ha come
l’impressione che la destra coltivi il segno di una sorta di “insicurezza” permanente delle persone.
L’assenza di politiche industriali in grado di favorire lo sviluppo, la crescita e la transizione
ecologica del nostro sistema industriale e produttivo basterebbe da sola a giustificare la bocciatura
riguardante l’azione di Governo della destra, tanto a Roma quanto in Lombardia. Ma se si
aggiungono il taglio selvaggio, dell’80%, del fondo voluto dal Governo Draghi per il comparto
dell’automotive, che in Lombardia impiega 96mila addetti in trentamila imprese, e l’estensione
della web tax anche alle piccole e medie imprese, con pesanti ricadute soprattutto sulle start-up, il
giudizio diventa ancora più severo.
In questa pessima cornice, la giunta Fontana riesce ad affermarsi come una sorta di “laboratorio
negativo” la cui spinta all’economia lombarda sostanzialmente si esaurisce nella legge 9 del 2020,
nota come Piano Lombardia o legge mancia: un agglomerato di micro-interventi a pioggia nei
comuni lombardi, in quota assai rilevante per quelli governati dalla destra, senza alcuna idea
coerente di costruzione di una strategia di crescita. Anche l’azione di Finlombarda, il braccio
finanziario di Regione Lombardia, dimostra, in particolare rispetto a due dati, una certa inerzia:
sono 180 i milioni di euro di provenienza regionale o comunitaria che giacciono inutilizzati nei
conti correnti della società oppure investiti in titoli. Risorse che potrebbero essere più utilmente
destinate a politiche regionali. Ma anche tra le risorse che Finlombarda destina alle aziende in
virtù dell’ottenimento di contributi, oltre 87 milioni di provenienza regionale sono in attesa di
essere effettivamente erogati. Una cifra importante, che fa pensare a qualche lentezza nella
capacità di effettiva erogazione ai legittimi beneficiari.

Sul fronte delle lavoratrici e dei lavoratori, allarma l’innalzamento della pressione fiscale sul ceto
medio, dovuta soprattutto alla soppressione di alcune detrazioni e deduzioni, che sale per la fascia
media al 56%: inciderà in modo significativo sul loro reddito nel corso del 2025.
Al depauperamento del lavoro si aggiunge quello delle politiche pubbliche, a partire dai comuni, a
cui il Governo Meloni sottrae nei prossimi anni poco meno di un miliardo per le spese correnti,
quindi per le politiche e i servizi in favore dei cittadini, e un miliardo e cento milioni per gli
investimenti. Senza risorse i comuni avranno due strade: tagliare i servizi o aumentare la pressione
fiscale di propria competenza (se non entrambe le cose). Una delle politiche più rilevanti è quella
per la casa: il Governo Meloni si è distinto per l’azzeramento del fondo sostegno affitti e per la
morosità incolpevole a partire dalla prima manovra, confermandolo per il 2025. Ha inoltre tagliato,
a livello nazionale, 800 milioni di contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione
urbana e 800 milioni per le spese di progettazione degli enti locali. Altri 268 milioni sono stati
eliminati a sostegno del Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare e non vi sono
risorse per la rigenerazione e l’efficientamento delle case Aler. Le difficoltà a mantenere un
alloggio o a trovarlo in ragione delle proprie possibilità economiche sospingono le persone verso le
periferie, verso le zone suburbane o comunque verso i centri minori, aggiungendo loro l’onere
della mobilità. A questo non corrisponde un maggiore investimento della Regione nel trasporto
pubblico locale, che invece subisce tagli per oltre 37 milioni, pur a fronte di un aumento della
quota nazionale. Pesa il disimpegno della Regione per 62 milioni di euro l’anno in un quadro già
difficile per il trasporto cittadino e su gomma.
Sulle politiche sanitarie della Regione incide negativamente l’incapacità ormai strutturale di
ridurre i tempi di attesa e di indirizzare l’offerta degli operatori privati profit, cioè di governare il
sistema negli interessi del pubblico. Anche la realizzazione del centro unico di prenotazione, primo
passo per il governo delle prestazioni erogate ai cittadini e per la riduzione delle liste d’attesa, è
ancora e da tempo in una fase molto arretrata.
Il fronte del diritto allo studio universitario, inoltre, registra un ulteriore arretramento, a causa dei
tagli del governo Meloni al fondo di funzionamento ordinario, che aggrava una situazione già
deficitaria il cui risultato è l’offerta insufficiente di borse di studio rispetto alla domanda.
Anche sul lato del contrasto alla crisi climatica non si registrano passi avanti, anzi: oltre al taglio
operato da Meloni del fondo per l’automotive, incentrato sulla transizione verso l’elettrico, anche

la Regione ci mette del suo, riducendo in modo drastico i fondi a disposizione per il contrasto del
dissesto idrogeologico.
Insomma, la politica della destra al potere non è la soluzione ai problemi dei lombardi, semmai è
un problema a sua volta.

Share this Post

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*