Troppo poco per professioni sanitarie e medicina di territorio. È questo il Piano sociosanitario integrato di Regione Lombardia che abbiamo discusso ieri in consiglio regionale.
Un piano che non affronta diverse criticità del sistema sanitario e non dà risposta ai reali bisogni di cura dei lombardi.
Da decenni in Lombardia la carenza di infermieri è gravissima e ora sta diventando emergenza. Cercarli all’estero, come sta facendo l’assessore Bertolaso, non è la soluzione definitiva. Quello che serve è una valorizzazione della professione che nel Piano non c’è.
Per questo abbiamo proposto di introdurre incentivi economici e di carriera.
Il riconoscimento dell’autonomia professionale senza compensi adeguati e la possibilità di un percorso di carriera non basta. Ad oggi per gli infermieri è prevista solo la dirigenza di secondo livello, quella di primo livello spetta solo ai medici, ma per progettare innovazione assistenziale e organizzativa e sviluppare la ricerca in ambito infermieristico serve il dipartimento delle professioni, diretto proprio da un operatore delle professioni.
Il Piano non presenta un modello definito di medicina di territorio. La necessità è quella di potenziare i distretti e garantire gli strumenti necessari in termine di risorse economiche e professionali. Questo è l’unico modo per risolvere l’emergenza liste d’attesa e il sovraffollamento dei pronto soccorso.
Non del tutto valorizzata è anche la figura dello psicologo di base. I problemi di salute mentale sono in crescita vertiginosa e per questo sarebbe fondamentale garantire la possibilità di potervi accedere liberamente, come ad uno sportello aperto, nelle Case di comunità. Ma il piano non lo prevede.
Per questi e altri motivi abbiamo votato contro.