Oggi in Commissione Ambiente verrà illustrato il piano cave della provincia di Cremona.
Un passaggio obbligato dopo che l’amministrazione provinciale lo ha revisionato.
Due le questioni su cui pongo e porrò l’accento.
Il primo riguarda l’inserimento della cosiddetta cava “Galvagnino”, tra Crema e Madignano. Una cava che non era stata prevista dalla Provincia durante la stesura del piano cave, ma che una sentenza del Tar ha obbligato ad inserire a fronte del ricorso, vinto, dal privato. Si tratta di una previsione di 500mila MC, che vengono tolti da altre aree (ate) già individuate e autorizzate dal piano.
Una sentenza, quella del Tar, che non tiene conto degli aspetti naturali e idrogeologici del territorio, che il Comune di Crema aveva già evidenziato sia nel 2011 che poi nel 2019, e che non possono non essere prese in considerazione.
La seconda riguarda il Pianalto della Melotta, una riserva naturale tra Romanengo e Ticengo che l’allora provincia di Cremona guidata dal centro destra aveva individuato come sito estrattivo, noncurante dell’importanza storica, naturale e morfologica di quella zona. In questi anni in molti si sono battuti contro questa cava, fino ad ottenere un decreto del Presidente della Repubblica che riapriva l’istruttoria portando a rivedere il tutto. In merito al Pianalto, ad oggi è ancora aperto il contenzioso legale tra le parti coinvolte (istituzioni, associazioni e privato). Il nostro obiettivo resta quello di salvaguardare l’area, verificando se la riapertura della procedura possa finalmente consentire alle parti di trovare una strada per tutelare il lavoro e l’ambiente, in un’ottica di sviluppo sostenibile.
E’ quindi molto importante capire a che punto è il confronto tra le parti per salvaguardare quest’area naturale estremamente importante per il territorio cremasco, e non solo.